Da circa un anno allevo un cane.
Intendo dire: il mio primo cane!
Da quando lo conosco mi sono fatto un po' di domande su quella infinità di processi elettrochimici che portano un essere al pensiero ed all'intelligenza.
Homer, così si chiama, mi stupisce spesso di quello che è in grado di capire oltre a quello che, da buon cane, inspiegabilmente percepisce. Con questa ultima non voglio aprire dissertazioni dal sapore metafisico su quanto, questi fidi amici a quattro zampe, siano capaci di cogliere con i loro sensi nascosti, perché elude dallo scopo di questo post.
Vorrei piuttosto concentrare l'attenzione sul sottile e frastagliato confine che c'è tra il riflesso condizionato e l'intelligenza, per sfumarlo in un, a mio avviso, più logico gradiente.
Lo scopo di questo articolo è insinuare dei dubbi su quanti pensano che l'intelligenza sia solo dell'essere umano e di pochi altri animali che ci stupiscono in qualche documentario.
Per farlo, mi baserò sul concetto di riflesso condizionato e sulla definizione di intelligenza tratta da wikipedia, riportata di seguito, cercando di trovare dei tratti comuni tra questi due 'comportamenti'.
L'intelligenza è l'insieme di funzioni conoscitive, adattative e immaginative generate dall'attività cerebrale dell'uomo e degli animali. È anche definibile come la capacità di ragionare, apprendere, ricordare, risolvere problemi, comprendere a fondo la realtà, le idee e il linguaggio…
Ebbene…
Per prima cosa vorrei parlare del riflesso condizionato e di come questo venga considerato, da tanti, come qualche cosa di NON intelligente.
Ho sentito dire spesso che i cani NON sono intelligenti, ma sono guidati da istinti e riflessi condizionati ed a supporto di questa tesi si fa spesso l'esempio del cane di Pavlov. Per i più pigri ricordo che il suddetto quadrupede abituato a ricevere il cibo all'accendersi di una lampadina, produceva salivazione anche se, accesa la lampadina, non veniva nutrito.
Come si può non associare tale comportamento all'intelligenza? Intesa come la definizione tratta da wikipedia?
Allora anche noi non possiamo dirci intelligenti, perché ci viene l'aquolina in bocca se vediamo qualcosa di appetitoso in televisione, o ne sentiamo solo parlare.
Perfino immaginare autonomamente qualche situazione, può indurci una salivazione e senza avere cibo davanti.
Ma, state ben sicuri, che se abituate un uomo all'essere percosso all'accenzione di una luce, questa sfortunata cavia cercherà protezione con le braccia ogni volta che vede una lampadina accendersi! E sono convinto che si porterebbe questo riflesso condizionato avanti per un bel po', prima di convincersi che non verrà malmenato ogni volta che si accende una luce! Ma come definire il suo comportamento come NON itelligente? Non è una forma di adattamento agli stimoli esterni? E quest'ultima cosa non è un ingrediente dell'intelligenza?
Detto questo, vorrei analizzare, sempre in maniera concorde con la definizione tratta da wikipedia, cosa sarebbe allora un comportamento intelligente, chiedendomi qual è la differenza tra risolvere un problema di matematica e produrre saliva prima di mangiare?
Sebbene sia lampante il fatto che risolvere un problema di matematica implichi un ragionamento indotto dalla propria volontà e che questo sia molto più raffinato di uno stimolo esterno che ci induca a salivare, credo di poter affermare che la differenza NON è poi tanto netta!
Come si fa a discernere la capacità di un essere di reagire ad uno stimolo esterno e ad etichettarlo come intelligente o NON intelligente? Entrambi i 'comportamenti' presentano queste caratteristiche:
- adattamento ad uno stimolo esterno;
- immaginazione dello sviluppo di un evento;
- capcità di apprendere;
- capacità di ricordare;
- comprendere a fondo la realtà;
- produrre idee;
- interpretare linguaggi.
Ma queste cose che ho elencato non sono, secondo la definzione tratta da wikipedia e riportata qualche paragrafo più su, ciò che serve per descrivere appieno l'intelligenza?
Se il riflesso condizionato proviene da esperienza ed è di qualche utilità all'individuo che lo mette in atto allora potremmo pensare che quella definizione si adatta anche a quella di riflesso condizionato.
Sebbene questa trattazione sia superficiale e poco rispettosa di moltissimi fattori che entrerebbero in gioco, vorrei sbilanciarmi con l'affermare che l'intelligenza non è altro che una catena di 'riflessi condizionati' più o meno complessi, che portano un essere ad un comportamento opportuno per il suo benessere e la sua salvaguardia.
Quando ho iniziato a scrivere l'articolo avevo avuto dal mio cane (oggi purtroppo è passato a miglior vita) un esempio lampante di quello che cerco di sostenere, ma ora non mi sovviene. Spero di ricordarlo in seguito e di riportarlo nell'articolo.
EDIT:
Mi sono ricordato dell'esempio. Homer era abituato a ricevere del cibo con un "Guarda che ti do…", cosa che lo mandava in bambola dalla gioia. Inoltre era stato abituato a correre incontro a mia madre che rincasava con un "Vai da mamma" oppure "Chi è mamma?".
Ebbene un bel giorno gli dissi "Guarda mamma che ti da…" e con mia sorpresa riuscì a collegare le due cose realizzando che per avere il cibo doveva correre da mia madre piuttosto che attendersi qualche cosa da me.
Questo esempio è molto utile per comprendere di come l'intelligenza sia composta da una serie di "riflessi condizionati" congiunti in maniera appropriata.